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Protesi d’Anca

Protesi d’anca

La protesi d’anca viene oggi considerata una soluzione definitiva al dolore e alla limitazione funzionale provocati da importanti patologie come la coxartrosi (artrosi dell’anca), il confitto femoro-acetabolare e la displasia dell’anca dell’adulto. 

Ma cos’è la protesi d’anca? 

In quali casi si può o si deve impiantare? 

Qual è l’iter clinico e gli esami necessari prima di sottoporsi all’intervento chirurgico?

Nella mia esperienza di chirurgo protesico presso l’Istituto Ortopedico Galeazzi a Milano ho visitato e operato numerosi casi: l’indicazione chirurgica, frequentemente, può non essere necessaria nell’immediato e la patologia può essere gestita almeno nelle fasi iniziali con terapie conservative mirate e specifiche.

Nonostante ciò, grazie al progresso medico e scientifico in termini di metodi, materiali e durata dell’impianto, la protesi d’anca è diventata sempre più sicura e riproducibile. 

In ogni caso resta dovere del chirurgo individuare attraverso una accurata visita specialistica la strategia terapeutica più efficace e personalizzata in base ai singoli casi clinici.

Protesi d’anca – cos’è e quando è richiesta

L’impianto di protesi d’anca (chiamata anche artroplastica o artroprotesi totale dell’anca) rappresenta l’intervento ricostruttivo dell’anca oggi più comunemente effettuato, in quanto permette di eliminare o alleviare significativamente il dolore avvertito dal paziente e di migliorare il deficit funzionale provocato dalla coxartrosi – la patologia degenerativa che colpisce più frequentemente l’articolazione dell’anca – restituendo al paziente la sua quotidianità motoria nonché una deambulazione sicura e autonoma. 

Protesi d’anca – visita ortopedica specialistica

Prima dell’indicazione chirurgica ad una protesi d’anca è fondamentale che lo specialista indaghi diversi aspetti clinici attraverso:

  • storia clinica del paziente (anamnesi)
  • esame obiettivo
  • analisi strumentali (radiografia ed eventualmente Risonanza Magnetica e TC)

La raccolta anamnestica (informazioni sulla storia patologica del paziente) è la prima parte della visita specialistica ed è un momento fondamentale per conoscere approfonditamente gli eventuali precedenti che in molti casi potrebbero essere collegati all’artrosi dell’anca.

Dal punto di vista clinico, le prime valutazioni durante la visita specialistica riguardano:

  • deambulazione del paziente;
  • valutazione del dolore/fastidio alzandosi da una sedia e salendo sul lettino;
  • limitazione funzionale (eventuale riduzione della mobilità articolare);
  • stato muscolare (forza ed eventuali contratture);
  • lunghezza degli arti ed eventuali deformità.

Inoltre, è molto importante indagare la presenza di comorbidità, cioè l’eventuale presenza di:

  • immunodepressione;
  • un disturbo della coagulazione;
  • una patologia diabetica o reumatologica;
  • un disturbo neurologico e vascolare.

Protesi d’anca – Esami preliminari

Alcuni esami preliminari sono necessari per accertarsi che le condizioni fisiche del paziente gli permettano di sottoporsi all’intervento chirurgico e di completare, successivamente, l’iter di recupero. 

La radiografia rappresenta il principale strumento diagnostico per ottenere informazioni relative allo stato dell’acetabolo (o cotile) e della testa del femore.

Le informazioni raccolte con RX ed esame obiettivo sono generalmente sufficienti ad una pianificazione pre-operatoria completa. Tuttavia, in alcuni casi può essere richiesto un approfondimento TAC o una Risonanza Magnetica necessari per determinare la condizione dell’osso e dei tessuti molli dell’anca.

Dopo l’attenta valutazione clinica del singolo caso, il chirurgo può procedere all’indicazione chirurgica di:

  • protesi parziale (endoprotesi o protesi di rivestimento), che comporta esclusivamente la sostituzione della testa del femore (utilizzate usualmente solo in caso di frattura); 
  • protesi totale (artroprotesi), che comporta la sostituzione della testa del femore e del tetto acetabolare.

 

Terapie conservative per il dolore all’anca

Attraverso una diagnosi accurata e precoce è possibile prevenire o ritardare la degenerazione irreversibile della coxartrosi, aiutando a controllare il dolore e a mantenere la mobilità del paziente.
Prima di ricorrere all’impianto della protesi d’anca, il paziente può sottoporsi a diverse terapie conservative:

  • fisioterapia;
  • infiltrazioni di acido ialuronico;
  • antinfiammatori (FANS);
  • medicina rigenerativa (PRP e cellule staminali).

In caso di fallimento prolungato delle terapie conservative (recidiva o persistenza di dolore e deficit funzionali), il paziente riceverà indicazione all’impianto chirurgico di protesi di anca.

Indicazioni all’intervento di protesi d’anca

La scelta chirurgica nel trattamento di una patologia degenerativa dell’anca può collegarsi a diverse motivazioni:

  • il dolore all’anca (coxalgia) è d’intensità tale che limita le attività quotidiane del paziente, come camminare, flettersi o salire le scale;
  • il dolore all’anca è persistente anche quando l’articolazione è a riposo, sia di giorno che di notte, anche in posizione seduta;
  • la rigidità dell’anca è tale da limitare la possibilità di compiere alcune azioni specifiche come scendere dall’auto, indossare calze o sollevare la gamba;
  • il sollievo dal dolore non è significativo nonostante il paziente segua le diverse terapie conservative.

Prima di sottoporsi alla chirurgia dell’anca il paziente deve essere estremamente convinto e motivato: l’intervento non può essere imposto e in alcuni casi può perfino risultare controproducente, soprattutto quando le indicazioni post-operatorie non vengono seguite pedissequamente.

L’intervento di protesi d’anca – le varie fasi

L’impianto di una protesi d’anca si compone di tre passaggi fondamentali:

  • planning pre-operatorio;
  • intervento;
  • riabilitazione post-operatoria.

Planning pre-operatorio

La preparazione pre-operatoria è una fase molto importante per ridurre le complicanze chirurgiche ed ottimizzare la ricostruzione dell’articolazione coxo-femorale. La pianificazione si avvale dei risultati degli esami preliminari, in particolare di RX effettuate in diverse proiezioni.

In base agli esami vengono calcolati una serie di parametri tra cui:

  • tipologia di protesi da impiantare;
  • taglie della protesi in base alle dimensioni dell’osso del paziente;
  • scelta dei materiali migliori;
  • variazione della lunghezza finale dell’arto in seguito all’impianto protesico (con tentativo di ristabilire la lunghezza “anatomica” dell’arto prima dell’insorgenza della patologia).

L’intervento – Protesi d’anca con tecnica mini-invasiva

Con l’impianto di una protesi di anca e la creazione di una neo-articolazione è necessario salvaguardare i tessuti molli periarticolari. 

La mini-invasività, infatti,  non si evidenzia semplicemente da una ferita chirurgica più piccola, ma significa anche ricostruire tutti i piani tessutali fino alla capsula articolare nel rispetto dei tessuti adiacenti.

Anche le dimensioni dello stelo protesico ed i materiali utilizzati rientrano nel concetto di mini-invasività. Nel nostro reparto utilizziamo infatti protesi a “stelo corto” con materiali di ultima generazione che garantiscono una rapida integrazione della protesi con l’osso. Al termine dell’intervento, i tessuti sezionati vengono correttamente richiusi e riparati. Questi accorgimenti favoriscono la guarigione e riducono fortemente i tempi di recupero ed i rischi di lussazione. 

La protesi d’anca mini-invasiva permette di estendere l’indicazione chirurgica anche ai giovani ed agli sportivi.

L’impianto di una protesi totale dell’anca consiste nella rimozione dell’osso e della cartilagine danneggiati (caratteristiche peculiari dell’artrosi dell’anca), che vengono sostituiti da componenti protesici. Uno stelo metallico viene inserito “ad incastro” (press-fit) all’interno del canale femorale. Una testina in ceramica viene sistemata sullo stelo metallico che rimpiazza la testa del femore danneggiata.

La superficie della cartilagine danneggiata della cavità acetabolare viene rimossa e sostituita con una coppa di metallo (cotile), posizionata anch’essa ad incastro.

Un inserto in polietilene o in ceramica viene, infine, inserito tra la nuova testina e il cotile per facilitare lo scorrimento.

La durata dell’intervento chirurgico di solito oscilla tra i 45 e i 60 minuti. 

A fine intervento il paziente viene  trasferito nella camera di degenza e nelle ore successive verrà eseguita la radiografia post-operatoria che confermerà la riuscita dell’intervento. In casi selezionati, è possibile monitorare per qualche ora il paziente nella cosiddetta “recovery room” fino al completo risveglio e alla stabilizzazione dei parametri vitali.

Vantaggi della tecnica mini-invasiva:

  • dolore lieve o assente già dopo 24 ore dall’intervento;
  • cicatrice molto piccola;
  • ridotto sanguinamento;
  • no zoppia;
  • veloce ripresa del lavoro e dell’attività fisica o sportiva moderata;
  • notevole stabilità dell’impianto con il rischio di lussazione praticamente assente;
  • conservazione delle strutture anatomiche fondamentali per una buona propriocettività e biomeccanica, quindi la sensazione di avere un’anca molto stabile anche dopo l’intervento chirurgico.

Post-operatorio

Con l’utilizzo di una tecnica mini-invasiva, il post operatorio di un intervento di impianto di Protesi si Anca è sempre più agevole per il paziente.

Infatti, seguendo poche ma importanti indicazioni, il paziente riuscirà a testare progressivamente la sua “nuova” articolazione senza dolore e limitazioni funzionali.

Nelle ore immediatamente dopo l’intervento o, al massimo, il giorno successivo, il paziente viene verticalizzato ed inizia a camminare con il semplice utilizzo di due stampelle e calze elastiche anti-tromboemboliche.

Con l’ausilio del personale sanitario (medici, infermieri, fisioterapisti ed oss), il paziente potrà progressivamente acquisire fiducia nella deambulazione, nei passaggi postulai e nel fare le scale. In pochi giorni (dai 3 ai 5) con un programma di riabilitazione personalizzato, il paziente sarà autonomo ed in grado di rientrare presso il proprio domicilio.

In casi selezionati, sarà utile un periodo di riabilitazione con ricovero presso una struttura riabilitativa per superare eventuali contratture muscolari o blocchi funzionali, solitamente presenti a causa di un prolungato periodo di inattività a causa del dolore pre-operatroio causato dall’artrosi. 

Protesi d’anca – Aspettative dopo l’intervento

Gran parte dei pazienti che si sottopongono ad un intervento chirurgico di protesi dell’anca registrano una significativa riduzione del dolore e un sensibile miglioramento nella ripresa delle attività motorie più comuni.

Con la normale attività quotidiana, tuttavia, diventa fisiologica l’usura del materiale tra la testa e l’inserto del cotile di ogni impianto di protesi. Attività ad alto impatto (come la corsa, il jogging, sport con salti) o il sovrappeso possono accelerare questo normale processo di usura e condurre nel tempo ad un intervento di sostituzione delle parti usurate. 

Le attività sportive compatibili con un impianto di protesi totale dell’anca comprendono: camminata, nuoto, golf, mountain bike, danza e altri sport a basso impatto.

Con gli opportuni accorgimenti nelle attività svolte, una protesi d’anca potrà durare molti anni (anche più di 20 anni).

Protesi d’anca – storia ed evoluzione

La fine del XIX secolo registra i primi tentativi di artroplastica dell’anca: le prime pratiche di impianto sperimentano diversi materiali di scarsa efficacia, come  l’avorio o perfino il vetro, con il risultato di protesi troppo fragili e non in grado di sopportare il peso del corpo umano.

Bisogna attendere gli anni ‘30 del XX secolo per l’introduzione di un nuovo materiale, l’acciaio inox, nell’impianto della prima protesi d’anca totale: esperimento che però si dimostra fallace a causa del rilascio di detriti metallici all’interno dell’articolazione.

Studi successivi individuano nell’utilizzo della ceramica un materiale più affidabile, in quanto riduce notevolmente l’usura della protesi nel tempo e vanta un significativo follow-up anche a distanza di decenni.

Negli anni ‘90 il design protesico continua a evolversi, permettendo alla protesi d’anca di ottenere ottimi risultati clinici: un punto di svolta avviene nei primi anni ’60, quando il chirurgo John Charnley ottiene notevoli risultati chirurgici attraverso lo sviluppo di una protesi a basso attrito.  

Oggi nella chirurgia dell’anca vengono utilizzati vari modelli di protesi: il tipo più frequente è composto dalla componente femorale stelo/testa ed una coppa acetabolare (sul bacino). Gli steli sono normalmente in lega di titanio o cromo cobalto, materiali attualmente considerati tra i più forti e biocompatibili sul mercato. Le teste sono frequentemente di ceramica. Qualche azienda utilizza un neo-materiale come l’Oxinium, una lega metallica la cui superficie si trasforma in ceramica tramite un processo brevettato. Per la coppa acetabolare (il cotile) si impiega un guscio metallico accoppiato saldamente a una componente di polietilene.